Prevenzione e mitigazione del rischio: le priorità per il governo del Paese - Proposte
Consiglio Nazionale Geologi
Legambiente, Coldiretti, Anci, Consiglio nazionale dei geologi, Consiglio nazionale degli architetti, Consiglio nazionale dei dottori agronomi e forestali, Consiglio nazionale degli ingegneri, Consiglio nazionale dei geometri, Inu, Ance, Anbi, WWF, Touring Club Italiano, Slow Food Italia, Cirf, Aipin, Sigea, Aiab, Tavolo nazionale dei contratti di fiume Ag21 Italy, Federparchi, Gruppo183, Arcicaccia
Prevenzione e mitigazione del rischio: le priorità per il governo del Paese
Lo scorso 6 febbraio le principali associazioni ambientaliste e di categoria, i Consigli nazionali degli ordini professionali del settore, i Sindaci e il mondo dei tecnici e della ricerca hanno promosso la Conferenza nazionale del rischio idrogeologico, a cui hanno partecipato 300 tra cittadini, amministratori, ricercatori, tecnici ed esperti del settore. A partire dal 6 febbraio abbiamo costituito un’alleanza ampia e trasversale intraprendendo un percorso comune di discussione e confronto per rispondere in maniera efficace alle ripetute emergenze legate al rischio idrogeologico nel nostro Paese.
I recenti eventi hanno evidenziato ancora una volta in modo inequivocabile che le conseguenze dei cambiamenti climatici su un territorio reso drammaticamente vulnerabile dall’eccessiva antropizzazione e dalla mancanza di manutenzione, oggi costituiscono un elemento da cui non si può più prescindere. Serve quindi un’azione urgente ed efficace per la mitigazione del rischio, stabilendo strumenti e priorità d’intervento e risorse economiche adeguate, senza dimenticare la partecipazione e le attività di informazione e formazione dei cittadini su questi temi. Un approccio che superi la logica di emergenza che ha caratterizzato questi ultimi dieci anni, mettendo in campo una politica integrata che coinvolga tutti i soggetti interessati per passare dalla logica della riparazione a quella della prevenzione, con indubitabili positive conseguenze anche sul piano economico.
È necessario affrontare la questione sotto tre aspetti prioritari: la semplificazione normativa per il governo e la manutenzione del territorio, il reperimento e la continuità delle risorse economiche e un nuovo approccio tecnico-scientifico al problema, adeguato alle novità e ai cambiamenti in atto. Sono questi i temi su cui le organizzazioni che hanno promosso la Conferenza Nazionale hanno lavorato formulando le proposte che seguono, su cui proponiamo di costruire una collaborazione concreta e dettagliata a partire da tre presupposti prioritari:
1) adoperarsi per un migliore coordinamento della normativa esistente e una identificazione chiara delle competenze e del sistema delle responsabilità, a partire dalle Autorità di distretto;
2) garantire risorse economiche adeguate e continue, per cui sarà necessario trovare appositi meccanismi finanziari, oggi sempre più scarse, mettendo in campo strumenti nuovi che consentano di reperire quanto necessario a mettere in campo un’azione efficace e duratura di prevenzione e mitigazione del rischio.
3) far rientrare le misure e gli interventi da mettere in atto nella logica multidisciplinare e sistemica della pianificazione di bacino, coerentemente con quanto previsto dalla Direttiva Quadro Acque e dalla Direttiva Alluvioni.
4) Attivare un piano di interventi di prevenzione del dissesto idrogeologico da parte del volontariato (Protezione civile, associazionismo, Genio militare, ecc.) a costo zero, individuando i protocolli operativi preliminari agli interventi per evitare operazioni generiche di “pulizia idraulica” in zone protette (SIC, ZPS, Parchi, ecc.) come già verificatosi. Produrre in tal senso una “Linea guida tecnico – operativa per interventi di prevenzione del dissesto su corsi d’acqua e versanti instabili con tecniche ecocompatibili e di ingegneria naturalistica.”
Convinti che mettere in condizione il paese e le popolazioni di affrontare il nuovo livello di rischio deve essere una priorità nel programma di Governo, con la certezza che non produrrà solo un beneficio in termini di sicurezza, ma anche un'ottima occasione di rilancio economico e occupazionale nei territori.
I. GOVERNO DEL TERRITORIO E SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA
1) Garantire il coordinamento e l’integrazione tra gli strumenti previsti in attuazione della Direttiva quadro sulle acque (n.2000/60/CE) e della Direttiva relativa alla valutazione ed alla gestione dei rischi di alluvioni (n.2007/60/CE), considerando che la gestione razionale delle risorse idriche e del territorio rappresenta uno degli aspetti più rilevanti della pianificazione di bacino.
2) Definire con maggiore chiarezza il ruolo, le competenze e la composizione delle Autorità di Bacino Distrettuali, avviando urgentemente la loro costituzione, dotandole di adeguate risorse umane e finanziarie, valutando anche l’opportunità di procedere ad una revisione del perimetro dei distretti sulla base di criteri maggiormente razionali. A tale riguardo potrà farsi riferimento alle proposte in tal senso formulate dalla Relazione “De Marchi” (1970) o alle tradizionali perimetrazioni dei Compartimenti dell’ex Servizio Idrografico Nazionale. Va preliminarmente definita la questione delle Autorità di Bacino regionali e interregionali.
3) Valutare elementi di integrazione e di modifica della Parte Terza del Decreto Legislativo n.152/06 (difesa del suolo e acque) in un'ottica di semplificazione, riduzione degli uffici competenti e coordinamento con le altre norme vigenti (come il D.Lgs. 49/2010 sul rischio di alluvioni).
In particolare:
- riducendo il numero di piani previsti dal D.lgs n.152/2006.
- estendendo anche al PAI (piano stralcio per l’assetto idrogeologico) ed al piano di gestione alluvioni la procedura della VAS statale per garantire l’integrazione tra gli obiettivi ambientali e di sicurezza idrogeologica.
- pianificando a scala di bacino idrografico anche i sistemi di allertamento e di gestione delle piene (di cui al DPCM 27 febbraio 2004).
- Introducendo le necessarie iniziative per dare attuazione ai piani di bacino approvati, nei tempi e nei modi previsti.
4) Le linee politiche, i piani ed i programmi nazionali e/o regionali riguardanti la difesa del suolo, la gestione delle alluvioni, la tutela quali-quantitativa delle acque e la gestione delle risorse idriche devono perseguire gli obiettivi e le priorità indicati dalle Conferenze Istituzionali permanenti delle Autorità di Bacino Distrettuali.
5) I finanziamenti stanziati devono essere ripartiti tra i Soggetti attuatori, in coerenza con i piani di bacino distrettuali (compresi quelli finalizzati alle emergenze idrogeologiche e idriche), ed essere assegnati tramite le Autorità di Bacino.
6) La partecipazione del pubblico in materia di acque, prevista e incentivata a livello comunitario dalla direttiva 2000/60/CE (art.14).ed a livello nazionale dal decreto legislativo 152/06 e s.m.i., necessita di opportune strategie di governance. I Contratti di Fiume, già diffusi in molte nazioni europee, stanno trovando anche in Italia un crescente interesse poichè, rappresentano uno strumento molto efficace. Attraverso i Contratti di Fiume a livello di bacino o sottobacino è possibile supportare la pianificazione e programmazione all’interno dei Distretti Idrografici, secondo un approccio integrato e multiattoriale. Tali strumenti consentono inoltre di intersecare i Piani e le norme sulle acque con quelli per la difesa del suolo. In tale direzione vanno riconosciuti e supportati a livello nazionale (MATTM), oltre che distrettuale e regionale integrandoli e sostenendoli attraverso misure giuridiche e legislative che ne supportino le fasi di avvio, ne controllino ed uniformino a livello nazionale la qualità dei processi e prevedano sistemi di premialità (ad esempio destinando nell’ambito dei PSR o dei FESR, il 10% delle risorse a disposizione per i territori che si dotano di contratti di fiume).
7) Una delle principali azioni per la mitigazione del rischio idrogeologico deve essere sicuramente rivolta alla limitazione del consumo di suolo, non soltanto con riferimento alle aree agricole, ma anche alle aree naturali e seminaturali e all’interno delle aree urbane. A tali fini, risulta indispensabile la tempestiva approvazione di specifiche disposizioni in materia di limitazione del consumo di suolo ancora libero e di miglioramento della risposta idrologica delle aree urbanizzate (SUDS: Sistemi Urbani di Drenaggio Sostenibile).
8) Occorre potenziare le attività e gli strumenti di controllo capillare sul territorio per contrastare con decisione le azioni di amministrazioni, operatori economici e singoli cittadini che non rispettano le condizioni di pericolosità e di rischio idrogeologico definite nei piani di bacino e negli strumenti urbanistici. Nell’ottica di revisione del D.lgs 152/2006 va quindi inserito e riformato il TU 523/1904, che regola le norme di polizia idraulica, ferme restando le competenze delle Regioni, fissando altresì i criteri generali della definizione delle aree di pertinenza fluviale, assegnando funzioni di controllo anche al Corpo Forestale dello Stato su mandato delle Autorità di Bacino Distrettuali.
9) Assicurare una completa ed adeguata condivisione delle conoscenze acquisite, rimuovendo gli ostacoli che attualmente ne impediscono una più ampia circolazione, essenziali per una corretta analisi e definizione dei problemi. E’ necessario inoltre raccogliere i dati territoriali ed ambientali in maniera sistematica e dinamica, con procedure omogenee e standardizzate (vedi ad esempio l’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia condotto da ISPRA), come peraltro già previsto dalle normative vigenti (a partire dall’integrazione del D.lgs n.49/2010 con le normative di settore come il D.lgs n.32/2010 sull’infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità europea – INSPIRE). E’ necessario quindi aggiornare gli artt. 55 e 60 del D.lgs n.152/60 riguardanti l’attività conoscitiva e le competenze dell’ISPRA.
II. SCELTE TECNICO SCIENTIFICHE E CONTENUTI DEI PIANI
1) Il rischio idrogeologico deve essere affrontato attraverso un approccio sistemico: tutte le misure e gli interventi da mettere in atto devono rientrare nella logica “multispettrale” della pianificazione di bacino, coerentemente con i percorsi integrati indicati dalla Direttiva Quadro Acque n. 2000/60/CE e dalla Direttiva sul rischio di alluvioni n. 2007/60/CE.
2) I piani di gestione del rischio di alluvioni devono:
- Includere l’evoluzione morfo-dinamica fluviale e costiera (volta a modellare i processi e le forme dei suoli, a differente scala temporale) tra i fenomeni naturali che vanno – per quanto possibile – assecondati, e per cui è necessario prefigurare strategie di adattamento a seguito dei cambiamenti climatici. Tali fenomeni vanno considerati nella perimetrazione delle mappe della pericolosità e del rischio idrogeologico.
- Aggiornare ed approfondire le stime del rischio idrogeologico dei PAI (Piani stralcio per l’assetto idrogelogico); questi ultimi, insieme agli altri piani di bacino, devono essere rivisti anche in virtù dei requisiti richiesti dalle Direttive comunitarie in merito ai cambiamenti climatici.
- Estendere le indagini a tutte le diverse tipologie di alluvioni e di dissesti (reti idrauliche minori, affluenti montani, colate detritiche, versanti instabili e franosi,ecc.), le inondazioni causate dalle reti di drenaggio artificiali (reti di bonifica, deflussi delle vesta aree metropolitane, fognature urbane, ecc.) e le mareggiate.
- Contenere precise regole di invarianza idraulica, idrologica ed altimetrica anche per quei territori attualmente non interessati da pericolosità idraulica e verificando l’adeguatezza dei “tempi di ritorno” dell’intensità degli eventi pluviometrici e delle mareggiate. E’ necessario che il Ministero dell’Ambiente provveda alla revisione, e all’aggiornamento periodico, degli “Indirizzi operativi per l’attuazione della Direttiva 2007/60/CE”, redatti nel gennaio 2013.
3) Al fine di superare i problemi derivanti dall’estensione territoriale dei Distretti idrografici, è necessario che alla redazione dei piani di gestione del rischio di alluvioni sia assicurata la diretta partecipazione di tutti i Soggetti istituzionali presenti sul territorio con compiti di drenaggio delle acque (Comunità montane, Consorzi di Bonifica, AATO, Provincie, Comuni, ecc.). E’ necessario prevedere nei Distretti Idrografici la costituzione di specifici Osservatori permanenti, regolamentati da specifiche linee guida ministeriali.
4) E’ necessario il Ministero dell’Ambiente, in collaborazione con la Protezione Civile e gli altri Soggetti governativi competenti e con le Regioni, promuova opportune campagne di informazione ed educazione al rischio, instaurando una corretta percezione del rischio, ed assicuri la completa informazione sulle procedure da adottare in caso di emergenza, specialmente nelle aree più vulnerabili.
5) E’ necessario altresì che venga attuato un piano di interventi di prevenzione del dissesto idrogeologico a carico del volontariato (Protezione civile, associazionismo, Genio militare, ecc.) a costo zero, individuando i protocolli operativi preliminari agli interventi per evitare operazioni generiche di “pulizia idraulica” in zone protette (SIC, ZPS, Parchi, ecc.) come già verificatosi. Produrre in tal senso una “Linea guida tecnico – operativa per interventi di prevenzione del dissesto su corsi d’acqua e versanti instabili con tecniche ecocompatibili e di ingegneria naturalistica.”
6) E’ necessario che, nell’ambito della redazione dei piani di gestione del rischio di alluvioni, e comunque nelle azioni intraprese dagli Enti competenti, venga privilegiata ed attivata (analogamente ad altri paesi europei) una strategia di riqualificazione fluviale che individui le porzioni omogenee di bacini dove i corsi d’acqua e le piane alluvionali possano tornare in condizioni naturali perché forniscono anche un importante servizio ecosistemico contro il dissesto.
7) E’ necessario avviare la delocalizzazione dei beni incompatibili (destinando gli opportuni incentivi e creando le necessarie condizioni urbanistico/amministrative).
8) In ogni caso, nell’ottica di cui al punto precedente, va ridotto il ricorso alle opere, da prevedere solo per i casi dove sono veramente essenziali, favorendo comunque l’uso di tecniche di ingegneria naturalistica e di sistemazioni idraulico-forestali, opportunamente programmate e dimensionate al bacino idrografico di riferimento. Vanno comunque privilegiate le azioni strutturali finalizzate alla libera espansione delle acque di piena nei tratti di monte, in modo da ritardarne e smorzarne i colmi nella propagazione verso valle.
9) Le norme dei piani di gestione del rischio di alluvioni devono contenere specifiche linee guida relative agli interventi in alveo sulla base di linee guida, elaborate in accordo con la letteratura internazionale riguardo alla gestione della vegetazione in canale.
10) Ad ogni livello di programmazione e di attuazione delle diverse azioni va promossa la gestione forestale completando la copertura territoriale dei piani di assestamento forestale al fine di migliorare il “servizio ecosistemico” di prevenzione del dissesto fornito dalle superfici forestali, migliorandone sia la funzione idrologica (riduzione del coefficiente di deflusso) che quella di stabilizzazione dei suoli e garantendo una più attenta sorveglianza e prevenzione degli incendi boschivi, che concorrono alla manifestazione della erosione accelerata e delle frane.
III. RISORSE ECONOMICHE
1) La copertura finanziaria per gli interventi necessari potrebbe essere trovata utilizzando anche autorizzazioni di spesa relative al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Non ha senso infatti continuare a realizzare infrastrutture su un suolo non sicuro, sulle quali poi si dovrà intervenire per metterle in sicurezza con un sicuro aggravio di costi. Una recente stima di Legambiente ha evidenziato come rinunciando ad alcune grandi opere sarebbero disponibili circa 10 miliardi da poter destinare alle politiche di mitigazione del rischio e alla manutenzione del territorio.
2) Lo Stato deve fare la sua parte per invertire immediatamente la proporzione tra risorse destinate all’emergenza rispetto a quelle destinate alla prevenzione, dando piena attuazione alla parte terza del D.Lgs. n.152/06, il quale prevede due strumenti di finanziamento di interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico, quello straordinario e quello ordinario. È pertanto necessario che, per il prossimo triennio, il Ministero dell’Ambiente venga dotato di risorse adeguate attraverso il finanziamento degli artt. 70 e 67, comma 3 del D. Lgs. n.152/06, per gli interventi ordinari e di manutenzione, e per gli interventi urgenti di riduzione del rischio idrogeologico.
3) Una parte dei fondi deve essere destinata agli studi come previsto dalla Legge 183/89 che ne stabilisce una percentuale del 10%: la mancanza di conoscenza dei fenomeni da contrastare, legata alle scarse risorse destinate alle indagini, rallenta molto l’attuazione degli interventi di difesa del suolo. Studi che vanno costantemente aggiornati, alla luce dei cambiamenti climatici e ambientali oltre che di trasformazione del territorio, per valutare il nuovo contesto su cui progettare le politiche di mitigazione. Un’altra quota significativa della spesa annuale (dell’ordine almeno del 20%) deve essere destinata ad interventi di tipo innovativo (come la delocalizzazione di beni a rischio e la riqualificazione fluviale) e non a opere di difesa convenzionali.
4) Si propone l’attuazione di interventi di incentivazione e disincentivazione economica per la realizzazione di buone politiche di mitigazione del rischio nell’ottica di uno spostamento sostanziale dalla tassazione del lavoro verso la tassazione ambientale entro il 2020 (Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell'impiego delle risorse COM(2011) 571 come indicato dalla Commissione Europea:
- tassando in maniera proporzionata ogni nuovo consumo di suolo ed utilizzando strumenti di compensazione ambientale, ovvero interventi che compensino l’opera ed i suoi effetti nello stesso luogo in cui è situata, in maniera coerente con le norme sovraordinate
- introducendo strumenti di incentivazione fiscale a favore degli interventi di riqualificazione urbana che permettano la riconversione dei sistemi di drenaggio urbano secondo l'approccio SUDS o la realizzazione diffusa di volumi d’accumulo delle acque meteoriche in modo da migliorare la risposta idrologica delle aree urbanizzate
5) Una soluzione per il reperimento di risorse economiche per la copertura dei costi per ripagare i danni che frane e alluvioni causano nel nostro Paese potrebbe arrivare dall’introduzione di un sistema di assicurazione per gli immobili e le strutture presenti in aree a rischio. Priorità del Governo è ragionare con i portatori di interessi e le compagnie assicurative sulle reali possibilità e fattibilità di rendere operativa questa strada.
6) La politica di mitigazione del rischio idrogeologico non può prescindere dall’agricoltura che svolge un ruolo importante nella gestione del territorio. Nelle politiche di Sviluppo Rurale, alcuni dei presupposti di base per poter ottenere positivi risultati nella gestione del territorio sono:
- la disponibilità di risorse economiche certe su specifiche misure dei PSR regionali;
- la definizione, da un punto di vista tecnico, di quali sono le pratiche agricole che danno effettivi benefici;
- la formazione ed informazione degli agricoltori perché sono coloro che svolgono una reale ed effettiva attività agricola sul territorio.
7) Vista la straordinaria situazione in cui si trova il territorio italiano occorrono strumenti aggiuntivi per affrontare il problema e, considerata la difficoltà a imporre un ulteriore aggravio della pressione fiscale andrebbe valutata la possibilità di trovare sul mercato finanziario risorse da utilizzare per la difesa del suolo. Rivolgersi al mercato del risparmio significa, da parte dello Stato, emettere obbligazioni simili a quelle con le quali si finanzia il debito pubblico (BTP, BOT, CCT, CTZ), a partire dalla considerazione che investire in manutenzione e prevenzione del rischio comporta un notevole risparmio di risorse economiche pubbliche.
8) Una parte di risorse può essere ottenuta dai proventi delle aste sulle emissioni di gas climalteranti (direttiva 2009/29/CE), come già previsto dalla proposta “Linee strategiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio” presentata al CIPE dal Ministro dell’Ambiente nel dicembre 2012.
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